Siamo tutti Valtur. Non può, non deve saltare un t.o. che ha contribuito alla storia del turismo in Italia e che oggi affronta una gravissima crisi. La notizia del giorno è la cassa integrazione straordinaria per 170 dipendenti, due settimane ogni sei di lavoro, solo per i lavoratori dei villaggi chiusi nella stagione invernale. La notizia di ieri è il ritorno di Carlo Schiavon, entrato in Valtur il 1 luglio 2011 come direttore generale operations e dimissionario dopo soli 80 giorni. La notizia di qualche giorno fa è la querelle tra i commissari straordinari Daniele Discepolo, Stefano Coen e Andrea Gemma e il t.o. i Grandi Viaggi, che ha integrato nel proprio team risorse commerciali e operative provenienti da Valtur.
Ma da mesi, ormai, l’atmosfera nella sede milanese non è delle migliori. Valtur è gravata da un debito di oltre 300 milioni di euro, di cui 62 verso il sistema bancario, 85 verso i fornitori e 92 nei confronti dell'Erario e dell'Inps: grazie alla legge Marzano, da metà ottobre si sono insediati i commissari, alle prese con un complesso piano di salvataggio. Piano che prevede, tra le varie opzioni, il reperimento di un partner industriale, il lancio di una newco con un aumento di capitale da 30-50 milioni di euro, la dismissione di asset non strategici per 100 milioni di euro e - ovviamente - la ristrutturazione del debito. Ma stavolta non deve andare come le altre volte. Perché Valtur ha una storia trentennale e ha rappresentato per decenni il villaggio turistico italiano. Perché il fatturato che Valtur lascerebbe per strada andrebbe perduto (vedi i casi Ventaglio o TeoremaTour). Perché lo staff della sede milanese e dei villaggi è ricco di professionalità e non merita di finire nel novero di coloro che cercano un lavoro, soprattutto in questo momento. Perché agenzie e clienti perderebbero un (ulteriore) brand di riferimento, e non ce ne sono tanti che restano. E poi perché Fiorello, che proprio in Valtur ha iniziato, su Rai 1 fa 12 milioni di spettatori, e un appello potrebbe farlo anche lui...