WeRoad lancia il marketplace auto-gestito WeRoadX
Qui Fabio Bin, co-founder e CMO WeRoad racconta la “Piccola storia di un bootstrap incredibile: com'è nata WeRoad, la piattaforma di viaggio per Millennial travelers”: risale a qualche anno fa, tuttora molto istruttivo. Cos'è WeRoad? È spiegato chiaramente: “La versione ufficiale? WeRoad è un tour operator che organizza viaggi di gruppo dalle 8 alle 15 persone circa, il più possibile omogenei sia per età che per sesso. I viaggiatori partono quasi tutti da soli, accompagnati lungo tutto il viaggio da un coordinatore, in modo da apprezzare al 100% la meta scelta. La versione che piace a noi? WeRoad sei tu. Siete tutti voi, viaggiatori alla prime armi o esperti, che decidono di mettersi in gioco, uscire dalla comfort zone, provare nuove esperienze e vivere a pieno la vita”. WeRoad, quindi, vive di community ed esalta quello che i tour operator “tradizionali” non sono mai riusciti a fare, ovvero mantenere i contatti coi propri clienti DOPO il viaggio. WeRoad se ne fa una nota di merito: “Grazie al tuo viaggio, tecnicamente, avrai conosciuti un gruppo di nuovi amici - e che fai, non vuoi rivederli ogni tanto? Per questo ci sono le Reunion, gli AperiRoad e tanti altri eventi a cui potrai partecipare... ora sei un vero WeRoader!”. Quest’ultima è recente ed è una delle innovazioni apportate da Andrea D’Amico, classe 1975, CEO di WeRoad da un anno, dopo oltre 18 trascorsi in Booking.com: sono i WeRoadX Viaggi unici, pensati dai nostri coordinatori: “WeRoadX sono dei tour WeRoad a tutti gli effetti, con la sola differenza che... sono i viaggi che i nostri coordinatori hanno sempre sognato di fare! Per questo abbiamo chiesto loro di progettarli come li avrebbero sempre voluti. Cosa aspettarsi? Un viaggio al di fuori dai circuiti del turismo mainstream, l'amore per la scoperta e l'avventura e soprattutto un viaggio irripetibile. Irripetibile, sì. Nel senso letterale del termine: i WeRoadX hanno una sola data di partenza, e raramente troverai più di uno o due turni all'anno. Questo perché sono dei viaggi che dipendono dalla disponibilità dei coordinatori che li creano o perché legati ad eventi naturali o culturali che avvengono solo in quella precisa settimana".
OTA VIAGGI T.O. di Roma: tre punti di forza, uno (solo) di debolezza
OTA Viaggi T.O., però, ha quattro elementi che la distinguono dai colleghi capitolini: tre indubbiamente positivi, uno che può essere considerato negativo, ma anche no. 1. La famiglia Aprea è presente, ma non incombente. Prendiamo il caso opposto, quando la famiglia non solo è (era) presente, ma molto incombente: Viaggi del Ventaglio si identificava con Bruno Colombo, ma anche con Luigi Colombo, Alessandro Colombo e Stefano Colombo. Domenico e Mario Aprea, la seconda generazione di OTA Viaggi, erano praticamente sconosciuti fino al 2019, quando celebrarono i trent’anni dalla fondazione, insieme al padre Stefano. Non che il CEO Domenico e il CFO Mario non siano presenti in azienda, anzi, ogni decisione strategica passa dalla loro scrivania. Però - magari per ignote discendenze sabaude - amano l’understatement. 2. Il direttore commerciale è lo stesso da ventidue anni e mezzo. Massimo Diana è molto più di un direttore commerciale, il mercato lo sa e la proprietà gliene rende merito. Anzi, a rendergliene ancora più merito è stato il contest che lo ha nominato “Personaggio dell’anno 2022” per TTG Italia: primato peraltro sottratto a un t.o. molto più grande e molto poco romano. Diana viene dai villaggi e in OTA Viaggi è cresciuto da zero, o quasi, agli 82 milioni di fatturato del 2022: visto che il successo di un t.o. è determinato da soli due elementi - prodotto e vendite - si capisce perché Massimo Diana sia sulla strada di quei manager giapponesi, tipo Toyota, che una volta entravano da stagisti e uscivano da pensionati. 3. É l’utile che conta, non il fatturato. Tradotto, conta l’ultima riga del bilancio, non tutto quello che c’è sopra. E OTA Viaggi non ama sparare cifre a caso. Del tutto in controtendenza rispetto alle arrembanti start-up che infestano pure il nostro settore: ne cito una, ovviamente senza fare nomi, nella quale mi sono appena imbattuto. Vende esperienze e promette (ai finanziatori) di fare 1 milione nel 2023, 3 e mezzo nel 2024 e 10 milioni nel 2027. Però non è di Roma. Né azienda familiare. 4. Mono-prodotto Mare Italia: vantaggi e svantaggi. Numeri OTA Viaggi T.O. del 2022: 50 milioni di fatturato sulla Sardegna. 11,5 sulla Sicilia. 9 sulla Puglia. Il resto in altre regioni, da Toscana e Marche in giù. Utili non dichiarati, ma chi fa Mare Italia li può immaginare. Niente montagna. Niente città d’arte. Niente incoming. Niente Grecia, né Spagna, né Tunisia o Mar Rosso. Neanche nei momenti più bui della pandemia è stato concesso a una DMC qualunque, da Atene a Bali, di accedere alla sede in Colli Aniene. Due le scuole di pensiero: l’estrema specializzazione esige la concentrazione su quello che si sa fare bene, così lo si vende meglio; il mono-prodotto è rischioso, punto. Propendo per la seconda ipotesi, ma ognuno valuti per conto proprio. Oppure aspettiamo che ce lo dica il direttore commerciale Massimo Diana. Nel 2043.
creo, ovvero creare un’azienda sulla base dell’esperienza
Primo motivo di curiosità, quindi, la provenienza di tutti e quattro i creatori di... creo da quel bacino di professionisti e manager delle vacanze che la Eden Viaggi di Nardo Filippetti (ceduta ad Alpitour a luglio 2018) ha alimentato per 35 anni. Professionalità che era giusto trovasse spazio in una prospettiva diversa da quella che Alpitour ha previsto per la “sua” Eden.
Secondo, la sede a Pesaro, vivace capoluogo sull’Adriatico, lontano dal classico asse Milano / Roma (con estensioni a Torino e Genova) della tourism industry italiana. Pesaro oggi un po’ come Cuneo trent’anni fa, quando il tour operator leader delle vacanze era ancora acquartierato nella Granda. Si lavora bene in provincia, con più calma e meno stress che in città.
Infine, il claim che creo ha lanciato quando è partita a ottobre 2021 (un anno e mezzo di pandemia, per dire): “Nei momenti difficili si creano le grandi occasioni”. Infatti, solo mete medio e lungo raggio, rigorosamente selezionate, curate (scuola Eden) nei minimi dettagli. Coraggio e intraprendenza, quindi.
E una bella squadra, meritoriamente presentata on line, persona per persona.
Glamour T.O. di Viareggio: quando il business nasce in provincia (e nessuno lo sa)
1. In provincia si lavora bene, e il personale è affezionato. Valeva la stessa cosa nell’Alpitour di Cuneo, trent’anni fa, o nella Eden Viaggi di Pesaro, quindici anni fa. Intorno a un’idea imprenditoriale si aggregano menti giovani, magari senza esperienza, ma con curiosità e voglia di lavorare. Dopo dieci o vent’anni quell’esperienza è maturata, la voglia di lavorare c’è ancora, lo stress della città è sconosciuto. La mattina si portano i bambini a scuola, a pranzo si torna a casa, alla cena di Natale non manca nessuno perché tutti abitano nel raggio di 10 chilometri. E poi, vogliamo dirla tutta? In provincia i matrimoni reggono più che in città, uno stress in meno. Infine, non è che si abbiano (a Cuneo, a Pesaro, a Viareggio) tante alternative di lavoro, nei viaggi... 2. Poche cose, ma quelle si fanno al meglio. Tour operator lungo raggio (America, Africa, Australia e Pacifico, Oceano Indiano, Medio e Lontano Oriente), biglietteria come consolidatore per 800 agenzie, business travel e MICE. Glamour fa solo tre cose, punto. Europa e corto raggio? No. Sharm El Sheikh e Djerba? Neanche. Incoming sull’Italia (caspita, siamo in Versilia)? Mai preso in considerazione. Programmare il lungo raggio è cosa complicata (pensate a Quality Group o a Viaggi dell’Elefante, ad Alidays o a Idee per Viaggiare): servono risorse preparate, conoscenze approfondite, destinazioni conosciute a menadito (altro che Google + Booking). E se perdi il PM sul Messico non ci puoi mettere quello dell’Australia. Ovvio che le agenzie te lo riconoscano, e se il preventivo gli arriva in due ore, anziché in due giorni, sono contente. 3. È la testa che conta, e Luca Buonpensiere ce l’ha. Torinese di nascita, ma viareggino di adozione, liceo classico, scienze politiche in università (non terminata, c’era da lavorare) a Pisa. Famiglia di albergatori (padre Enrico presidente storico della Coalve, la cooperativa degli albergatori viareggini), turismo vissuto fin da piccolo, ma chi in Versilia non c’ha a che fare?! Gestisce Glamour T.O. dal 1994, subito IATA, il primo business è fornire biglietteria aerea alle agenzie, il lungo raggio segue naturalmente. Dopo quasi trent’anni Buonpensiere fa ancora quello che ha pensato allora, solo che - udite, udite, siamo a Viareggio, non nella Milano social e tecnologica - non smette mai di aggiornarsi, imparare, sperimentare. E rischiare, del suo, perché in provincia i fondi speculativi non arrivano e se vai fuori col fido ti trovi il direttore della banca di credito cooperativo locale che ti aspetta al bar di sotto. “Nel 1994, insieme a quattro soci, mio padre comprò Glamour, che aveva due anni di vita: pensavano (o almeno così fu loro spacciata) che fosse un’attività in grado di portare stranieri in Versilia e quindi creare indotto alle loro attività alberghiere. Dopo pochi mesi mio padre, che non mi aveva detto nulla dell’operazione, chiese a me di occuparmene, visto che lui non ne sapeva molto. Ricordo che era venerdì e l’unica dipendente sarebbe andata in ferie il lunedì successivo. È iniziata così”. Ecco Glamour. Di Viareggio. E se non la conosce nessuno, tanto meglio.
A Ixpira non basta crescere a doppia cifra, raddoppiare il fatturato è l’obiettivo
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