Per la serie “viva la sincerità”. Il ministro Gianmarco Centinaio al convegno Cdp a Venezia il 14 giugno 2019 racconta: “Ieri ero in un aeroporto del sud, con due importanti ospiti russi, ci hanno fatto accomodare nella VIP lounge: a disposizione avevamo due sacchetti di patatine, una coca-cola, due fanta, un'acqua minerale calda. È con servizi del genere che vogliamo attrarre il turismo alto-spendente?!”. A latere, in toilette non c'era carta igienica e l’aeroporto si trova a nord di Brindisi e a sud di Foggia.
Turisanda, nuova vita con “Viaggi inconfondibili dal 1924”
Operazione coraggiosa, quella del rilancio di Turisanda, a cura della capofila Eden Viaggi, ma sotto lo sguardo vigile dell’azionista di maggioranza Alpitour. Il 6 giugno a Milano, alla presentazione ufficiale, c’erano tutti quelli che contano: Tommaso Bertini, Angelo Cartelli e Giuliano Gaiba per Eden Viaggi; Luca Battifora per Hotelplan Turisanda, tutti sul palco. Pier Ezhaya e Gabriele Burgio di Alpitour, in platea, ma la cui presenza era più di un endorsement all’operazione. Per la cronaca della serata leggete qui. Tre riflessioni a latere: il nuovo payoff di Turisanda “Viaggi inconfondibili dal 1924” (che somma i “viaggi inconfondibili” di Hotelplan con la data di fondazione di Turisanda) sancisce la primazia di Turisanda sul brand di proprietà svizzera, che diventa una linea di prodotto dedicata ai viaggi itineranti. Alpitour conferma la sua strategia multibrand (vedasi lo sconfinato portafoglio Alpitour World) e non rinuncia a un marchio che ha vissuto momenti migliori, ma che ha ancora appeal sul mercato. E soprattutto a Giuliano Gaiba, da meno di un anno direttore generale e a.d. di Eden Viaggi SpA, non si può negare nulla, coi numeri che sta portando. 450 milioni di fatturato stimato nel 2019 (erano 370 lo scorso anno), con dentro i 100 milioni di Margò. E 75% del volato con Neos. E chi lo ferma più.
“Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene”, la notissima citazione erroneamente attribuita a Woody Allen (è di Eugène Jonesco), si attaglia bene al nostro sgarrupato settore: “Il tour operating tradizionale è morto, Viaggi di Atlantide puree anche Best Tours non si sente molto bene”. Arkus Network, che dal 2017 possiede Best Tours,è alle prese con questioni calcistiche dall’esito quasi sicuramente fallimentare e, dopo un lungo silenzio, ha appena annunciato di aver affidato a Umberto Solimeno l’incarico di advisor consulente per lo sviluppo dei vari brand, tra i quali ora non va più annoverato Travel Partners, t.o. genovese entrato in portafoglio giusto un anno fa, ai tempi della fascinazione del terzo polo.Mara Bardellini, sales manager da un ventennio in Best Tours, lascia senza rimpianti e alla query “scegli una destinazione: Maldive” - ai tempi destinazione top - il sito www.besttours.it propone ben 4 resort, con “offerte valide fino al 28/12/2018”. Avete letto bene: 2018. Brutto segno.
Veratour, in 29 anni da 0 a 224 milioni, da Viajes Ecuador a “lovemark”
Nel ranking dei tour operator italiani al secondo posto dopo Alpitour, crocieristi a parte, si colloca Veratour. Un’azienda familiare, basata a Roma, con il fondatore ancora saldamente in sella, i due figli e un solo manager esterno a completare il ponte di comando. Come ha fatto un tour operator nato dal nulla (Viajes Ecuador faceva solo incoming) a diventare la prima alternativa ad Alpitutto? Merito in buona parte di Carlo Pompili, ovvero lo Special One di questo gustoso ritratto, che quando nel 1990 fondò Veratour, lasciò perdere l’incoming e si mise a fare il generalista. In platea, insieme alle 140 agenzie accolte al tunisino Kelibia per la convention VeraStore 2019, il “come ha fatto” appare abbastanza chiaro e intellegibile. Per tre motivi essenziali:
1) i Pompili conoscono il mestiere: vendere villaggi è cosa complicata, molto più di quello che la gente pensa; non sarà un caso che chi ha provato a farlo senza adeguato back-ground (un esempio per tutti, la Valtur di Investindustrial) ha preso – come si dice a Roma – delle gran tranvate. I Veraclub sono nati nel 1996, da allora Veratour fa quello, solo quello e poco altro (al generalista tocca non più del 10% del fatturato 2019): sotto alcuni aspetti è un limite (quante opportunità di crescita non sono state sfruttate?), ma 29 bilanci in utile non arrivano a caso;
2) le agenzie sono l’unico canale di vendita: “Ringrazio Veratour per l’attenzione e il rispetto che da sempre mostra nei confronti delle agenzie di viaggi; cosa non scontata, considerando le tante promesse del tour operating italiano…” afferma dal palco un agente VeraStore. Applausi. In due parole, un colpo al cerchio (la monocanalità di Veratour) e uno alla botte (la multicanalità – spesso mascherata – di altri);
3) Veraclub è il top dei villaggi e Veratour è diventato un “lovemark”: da quando VentaClub è sparito (piccola nota di rammarico per lo scrivente: nel 1996 ero in Ventaglio, il catalogo VentaClub contava una ventina di villaggi e quell’anno nasceva il primo catalogo Veraclub), dicevo, da quando VentaClub è sparito, Club Vacanze pure, TH Resorts, OTA e Bluserena cercano un loro spazio, Club Med ha scelto altri mercati e Valtur affronta oggi la prima estate targata Nicolaus, il “villaggio italiano” per antonomasia è diventato Veraclub. Si definisce “lovemark” il brand che genera una fidelizzazione che va oltre ogni ragione oggettiva e che si trasforma in una sorta di “amore” da parte del consumatore. Coca Cola, Starbucks, Apple sono “lovemark”. Bravi Carlo, Stefano e Daniele Pompili: molto per meriti propri, un po’ per come è andata la storia del tour operating italiano degli ultimi vent’anni.