CHI E' ROBERTO GENTILE

rgentile sett21

L'EDITORIALE DI ROBERTO GENTILE

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T.O. DEL MESE

BOTTA & RISPOSTA

IPSE DIXIT

whatsup 292 qCaro cliente, è dal 2016 che non ti scrivo, ma alla fine in questi anni ci sei venuto, nella mia agenzia. Ora manchi da un po’, e da lunedì 18 maggio - dopo due mesi di confinamento coatto - puoi tornare a trovarmi. Cosa troverai, oltre a un sorriso di benvenuto (sotto la mascherina, ma c’è) e a un buon caffè (ovviamente in tazzina monouso)? Troverai il tuo agente di viaggi, indomito e resiliente, che non vede l’ora di riprendere a fare il suo lavoro: ovvero, mandarti in vacanza. Ovvero, rendere le tue vacanze le più soddisfacenti e gradevoli possibili. Ma - soprattutto - contribuire a far dimenticare, a te e alla tua famiglia, mesi tra i peggiori della nostra vita. Il mondo è cambiato, e i messaggini e i post su Facebook che ci siamo scambiati in queste infinite settimane di quarantena ci hanno permesso di rimanere in contatto, ma nulla di più. Perché il mio mestiere è vendere viaggi, e in questo momento non ho molto da proporti. Escludendo il lungo raggio, almeno per un po’, a giugno o a luglio sarò in grado di proporti l’Egitto o la Grecia, sperando di contare sui voli per fartici arrivare. L’Italia, è noto, sarà la regina dell’estate 2020, declinata però come “turismo di prossimità”. Cosa significa? Significa che i milanesi prima andranno in Liguria, poi in Sardegna; i veneti prima a Bibione o a Jesolo, poi in Puglia; i romani prima a Fregene o Sabaudia, poi a Capri o nelle Eolie. Questo significa che sarai in grado di organizzare molti viaggi per conto tuo, spostandoti in macchina con la famiglia, per andare nella casa al mare oppure ospite di amici o parenti. Perché - invece - dovresti venire da me in agenzia? Ti dò tre buone ragioninessuno conosce l’Italia (quella turistica, intendo) meglio di me. Posso spiegarti la differenza tra un hotel in prima fila e uno in seconda, quello con la migliore ristorazione o quell’altro col punto mare più spettacolare, con le tariffe family più convenienti o le escursioni più affascinanti. Secondo, in questa confusione di mascherine, distanziamento sociale e bagni in piscina sì/no, mi sono studiato tutto e nessuno meglio del sottoscritto può consigliarti l’albergo, il resort, il B&B più rispettoso delle nuove regole. Terzo, perché entrando in agenzia mi permetti di lavorare e quindi puoi restituirmi un po’ di quella felicità che io, come tuo agente di viaggi di fiducia, penso di averti regalato in questi anni. Grazie, con un sorriso (che c’è, anche se dietro la mascherina.

 

whatsup 291 qOggi, fine aprile 2020, quello che ci aspetta è un mondo diverso rispetto a quello che abbiamo conosciuto fino a due mesi fa. Anche sul lavoro. Ecco sei cose che prima facevano parte della nostra routine e che la nostra “nuova” vita spazzerà per sempre. Senza rimpianti per molti, compreso chi scrive.

1) Timbrare il cartellino dalle 9 alle 18

Il classico orario di lavoro non avrà più senso, sia perché non entreremo più tutti alle 9 né usciremo tutti alle 18 (o alle 20, da Roma in giù). Ma anche il timbrare il cartellino non avrà più senso, perché finirà una volta per tutte l’ostracismo verso il lavoro da casa. Ora celebrato come “smart-working”, ma osteggiato da sempre dalle aziende italiane e limitato alle mamme con figli piccoli, agli sfigati dei call-center e a chi volevi far fuori, ma non subito. Voglio proprio vedere quei begli open-space del booking di un t.o. o di una BTO, con decine di postazioni e il collega a portata di starnuto…

2) Le riunioni inutili

Ci voleva la piaga epocale del Covid-19 per eliminare un male atavico delle imprese italiane, la “riunione coatta”, quella convocata dal CEO due ore prima (alle 18 del venerdì, per vedere chi c’è) o il “comitato di direzione” di tutti i lunedì alle 11.00 (con segretaria scosciata che porta il caffè). L’impossibilità di mettere intorno a un tavolo presidenziale più di 5 persone (rispetto alle 15 di prima) farà in modo che le riunioni inutili: a) non si facciano proprio b) si tengano su Zoom o Skype, almeno ognuno si fa i fatti propri, a telecamera e microfono spento.

3) La minaccia del “Passo a trovarti!”

Questa è una delle frasi più temute dai titolari di agenzie di viaggi, che - magari alle prese con un gruppo da chiudere o la contabilità da rimettere in ordine - si sentono rivolgere dal commerciale di un t.o. che non vendono o di un fornitore che hanno già rimbalzato più volte. Visite che implicano le immancabili quattro chiacchiere, che si arriva al punto dopo mezz’ora, che alla fine “Dai, andiamoci a prendere un caffè!”. Inutili quanto le riunioni, evitabili con un bel cartello sulla porta dell’agenzia: “Visite senza appuntamento solo se provvisti di mascherina, guanti e app Immuni con indice di non contagiosità pari a 100”.

4) Le convention più siamo meglio stiamo

Altra abitudine che sparirà dalle nostre agende, almeno per un po’. Non perché le convention non siano utili, non perché non portino risultati, non perché una convention ben riuscita non sia un fiore all’occhiello per chi la organizza. Ma perché le regole del distanziamento sociale saranno talmente ferree che portare 50 persone dove prima ne portavi 300 non avrà senso... Meglio, allora, un bel roadshow, in location convenienti e per pochi intimi, quelli che alla fine veramente contano.

5) Le agenzie indipendenti

Sono di parte, e lo ammetto: mi occupo di network da 20 anni (prima dell’11 settembre, tanto per citare un’altra data fausta), ne ho fondato uno io stesso e quindi sono sempre stato favorevole all’integrazione delle agenzie in una rete. Non è un caso che, due mesi fa, le agenzie non appartenenti a una delle 6 macro-aggregazioni fossero un migliaio, o poco più. Ma, con un mercato dimezzato nel 2020 e forse al 60/70% nel 2021 (rispetto al 2019), non vedo perché un’agenzia debba ancora perdere tempo a fare la contabilità, a pagare 100 fornitori, a farsi stressare dai commerciali di cui al punto precedente, anziché sbolognare queste robe a un network (dopo aver rinunciato alla licenza, dimissionato il direttore tecnico e cancellato fidejussioni varie) e dedicarsi all’unica cosa che conti, prima e dopo Covid-19: vendere.

6) Premi, bonus e incentivi per le agenzie

In questa assurda estate 2020 i prezzi li farà il cliente ma, peggio ancora, sui costi incideranno colazioni in camera e distanziamento sociale, suite da 5 persone vendute a una coppia e ombrelloni a distanza di sicurezza. Potranno quindi essere premi, bonus e incentivi - erogati da tour operator e affini - a orientare le vendite? Difficile. Meglio un bel libro in omaggio: “Pulizia, disinfezione e sanificazione: tutto quello che avresti sempre desiderato sapere e non hai mai osato chiedere”. In 100 copie, per agenzia, al posto degli zainetti sponsorizzati.

 

avoris globalia comboSembrava un’operazione finanziaria da manuale, invece... Premessa: manca solo il placet dell’Autorità Garante della Concorrenza (come testimonia il comunicato stampa diffuso da Globalia), poi l’accordo siglato il 25 novembre 2019 da Simón Pedro Barceló e Javier Hidalgo sarà efficace e porterà alla fusione della divisione Ávoris del Gruppo Barcelò con quella corrispondente di Globalia. Nascerà un colosso da 3,7 miliardi di euro di fatturato annuale, 35 marchi in portafoglio, oltre 6.000 dipendenti e 1.500 agenzie di viaggi. Barceló porterà in dote il marchio B the Travel, Catai, Rhodasol, Bedtoyou, BCD Travels e BCD Meetings & Events; oltre alla compagnia aerea Evelop, che dispone di sei aeromobili. Da parte sua, Globalia metterà a fattor comune Halcón Viajes, Viajes Ecuador, Geomoon, Travelplan, Welcome, Globalia Meetings & Events, Globalia Corporate Travel e Globalia Autocares. Tutto bene: no, perché esattamente una settimana dopo, stavolta da Barcelò si viene a sapere che “il 2 dicembre 2019 Gabriel Subías ha annunciato che lascerà, dopo 8 anni e di comune accordo con il Gruppo Barcelò, la posizione di CEO di Ávoris”. Non è un’uscita indolore, visto che Subías è stato l’artefice dell’accordo Barcelò/Globalia e sarebbe probabilmente divenuto il CEO della nuova società. Non basta, perché sette giorni dopo, il 9 dicembre, apprendiamo da preferente.com che lascerà anche il direttore generale di Ávoris: chi è? Alejandro Subías, fratello di Gabriel ed entrato anche lui in Ávoris nel 2011, dove “ha guidato l’espansione nazionale e internazionale di Ávoris, moltiplicando per sei volte le sue dimensioni iniziali”. Insomma, con i fratelli Subías (CEO e DG) fuori, non una fusione che nasce sotto i migliori auspici. Tanto per rivangare il passato, entrambi i gruppi con sede a Palma de Mallorca vantano esperienze non felici col mercato italiano: partita lancia in resta, a luglio 2018 Barcelò è stata sconfitta da Alpitour nello scontro per l’acquisto di Eden; nell’ormai remoto 2010 Globalia portò il suo t.o. Travelplan in Italia, ma l’operazione venne chiusa solo due anni dopo.

 

whatsup 290 qHo partecipato a dieci webinar in tre giorni. Promossi da associazioni di categoria e tour operator, da società di consulenza e manager di buona volontà, tutti dedicati all’emergenza che stiamo attraversando e a come uscirne fuori. Ho sperimentato Gotowebinar e Cisco Webex Meeting, ho imparato un sacco di cose e ho assistito a micidiali cappellate (si può dire cappellate?). Ecco un vademecum per fare un buon webinar, fermo restando quanto dichiara il cantautore Brunori Sas: “Gli streaming sono surrogati dei concerti ancor peggiori di quanto sia l’orzo rispetto al caffè. Roba che puoi farti propinare solo se non c’è l’originale”. I webinar ci vengono propinati soprattutto perché non ci possiamo vedere di persona e stringere la mano.

1) Il webinar non è una diretta su Facebook né una conference call. Quindi non vale il tono da cazzeggio (si può dire cazzeggio?) da social, né equivale alla telefonata con i colleghi che lavorano lontano. Il webinar assomiglia di più a un seminario (appunto, web + seminar) o a un convegno, con i relatori che parlano a una webcam e il pubblico che assiste tramite il monitor, ma con alcune fondamentali differenze. Del relatore si vede solo il volto, quindi non può comunicare né con le mani né con il corpo: tutto è concentrato in pochi centimetri quadrati. Volto che dev’essere ben rasato per un uomo e sobriamente truccato per una donna. Capelli in ordine per entrambi. Attenti al busto: ho visto il webinar del CEO di un’azienda quotata che indossava un maglioncino con sotto, in bella evidenza, la maglia della salute. Ho visto un manager con la barba di 20 giorni (appunto, l’inizio del lockout). Non dico la cravatta, ma una camicia bianca ben stirata, sia per lei che per lui, è l’ideale.

2) Dettagli sottovalutati: sfondo, inquadratura e voce. Di questi tempi, il webinar si fa da casa, quindi lo sfondo è fondamentale. A Propaganda Live su La 7 hanno capito tutto. Perfetta la classica libreria o una parete neutra, meglio ancora con il logo della propria azienda, riportato distrattamente su un papiro egiziano o su un batik indonesiano. Evitare scaffali desolatamente vuoti, ripiani con i testi di scuola delle medie, copertine di libri ambigui (chessò, Il kamasutra nell’India del VI secolo o Il libro delle barzellette di Totti) e soprammobili di dubbio gusto (il busto di Lenin o le bomboniere della prima comunione, per dire). La luce è importante, visto che l’unica cosa che si vede è il volto. Ho assistito a webinar nei quali il relatore era al buio e alle sue spalle si accendeva un tramonto di fuoco; ho visto relatori miopi che non volevano usare gli occhiali per leggere la chat, quindi di loro si vedeva soltanto naso, mento e collo. Se il volto è importante, la voce ancora di più: parlare scandendo bene le parole, usare terminologia da convegno (quindi niente “annamo, su”“uè, raga”) e soprattutto rivolgersi al microfono del laptop e non andare in giro per la stanza ad annaffiare le piante.

3) Pericolo: quando si è in tanti a parlare e in tantissimi ad assistere. Il webinar più semplice è il “one to many”; uno parla, tutti gli altri assistono (meglio se passivamente). Quando i relatori sono due, quattro o più le cose si complicano. Peggio quando i relatori sono tanti e chi assiste può interagire con loro. Qualche consiglio per non cadere nello svacco da tinello (si può dire tinello?). Un moderatore è sempre utile: permette al relatore di essere concentrato sullo speech, controlla i tempi e fa da tramite con gli spettatori. Domande sì o no? Sì, ma scritte. Lo speaker parla per i suoi 20 minuti (dopo, la soglia di attenzione si inabissa) e quindi risponde alle domande della platea, lette dal moderatore, che le seleziona. Perché il pericolo è che a una domanda tipo “Quali sono le conseguenze a livello fiscale del decreto liquidità?” segua “Io sono un parrucchiere, quand’è che posso riaprire?”. Ma quanto dura ‘sto webinar? A tutti piace parlare, anche dal tinello, soprattutto se non interrotti. Quindi la tendenza a sforare c’è ed è alimentata da un “non detto” che suona più o meno così: “Stiamo tutti a casa, non abbiamo un piffero (si può dire piffero?) da fare, che differenza c’è tra 60 o 90 (o 120 minuti)?!”. C’è eccome, quindi i tempi si rispettano, e ci si scusa se si va lungo.

4) Il post webinar è importante quanto l’inizio. Due errori che ho constatato in 8 webinar su 10: le slide che il relatore ha presentato, e promesso che avrebbe mandato a tutti, non mi sono mai arrivate. A saperlo avrei preso appunti; anzi, avrei fotografato lo schermo con l’iPhone, che si fa prima. Secondo, il moderatore ha promesso che gli spettatori avrebbero ricevuto risposta privata alle domande alle quali il relatore non ha potuto rispondere, per mancanza di tempo: dopo, nessuno si è fatto vivo. Allora vien da pensare che abbiano avuto risposta le domande “pettinate” più di altre.

Chiudo. In nessuno, ripeto, in nessuno dei miei 10 webinar ho visto il relatore fare un bel sorriso alla web cam e quindi al suo pubblico da casa. Perché? Va bene, è l’8 aprile 2020, il momento è tragico, non si può scherzare con le vite altrui e siamo tutti nella m (questo non si può dire). Però un sorriso di incoraggiamento, aperto e sincero, apre comunque il cuore.

 

metamondo arkusE’ il segno inequivocabile: digiti www.metamondo.it sul browser e - dopo qualche secondo di speranza - appare inequivocabile la scritta “Impossibile raggiungere il sito”. Fine della storia: Metamondo esce di scena, come Best Tours, Viaggi di Atlantide e Amandatour. Tutti affondati nel 2019, tutti trascinati nel gorgo provocato da Arkus Network, che solo otto mesi fa, ad aprile 2019, si proponeva, alle spalle di Alpitour e Uvet, come ambizioso “terzo polo”. Il paradosso non è tanto che sia stato il Palermo Calcio ad affossare Arkus Network, ma la constatazione che più di un’agenzia di viaggi abbia venduto Metamondo, la scorsa estate, per poi ritrovarsi i clienti lasciati a terra, con inevitabile e defatigante strascico legale. Una semplice domanda: “Caro collega, ma dov’eri la scorsa estate? I giornali non li leggevi? I blog degli agenti neanche? Perché qualche sospetto sarebbe dovuto venirti...".