8 giugno 2021 - Evviva! Tornano le convention in presenza, era ora
Ho già scritto di convention due anni fa (e sembra passata una vita) e spiegato i 5 errori da evitare perché abbiano successo. Stavolta mi limito ai tre motivi essenziali perché una convention “tradizionale” è insostituibile. 1. Perché nulla può sostituire sorrisi e strette di mano - Per i sorrisi ci siamo quasi (le mascherine, bevendo e mangiando, si possono togliere); per le strette di mano manca poco, perché non se ne può più di gomitate e pugnetti. Ma è l’essere uno di fronte o accanto all’altro - in un teatro, un ristorante o una sala riunioni - che rende tutto diverso. Perché siamo animali sociali e noi che ci occupiamo di turismo - non di software o di pneumatici - non possiamo fare a meno del contatto. Solo oggi capiamo quanto sia importante e quanto ci sia mancato. 2. Perché il prodotto turistico va vissuto di persona - Un villaggio o un hotel, un tour o una crociera “muoiono” se visti solo su un catalogo cartaceo (quei pochi che ancora si stampano), sul monitor di un PC o - peggio - sui 6 pollici di uno smartphone. Anche la realtà virtuale o “aumentata“ (lo dice un Boomer, vabbè) fa ridere, perché la vista dal balcone della cabina sul quindicesimo ponte di un’ammiraglia Costa o MSC è semplicemente irriproducibile. Solo chi è stato in un posto può descriverlo. Marco Polo l’aveva già capito, sette secoli fa. 3. Perché il cliente ha bisogno di essere rassicurato - Non a caso il tema “sicurezza” è stato scelto da OTA Viaggi come claim dell’evento. Sicurezza intesa non tanto come il mantra “mascherina - distanziamento - lavarsi le mani” perché tanto ci siamo abituati. Ma perché chi spende qualche migliaio di euro per portare la famiglia in vacanza - dopo 15 mesi disgraziati - vuole essere certo di quel che trova. E la testimonianza di chi in quel villaggio o in quell’hotel c’è stato, di persona, è fondamentale: sono gli agenti i migliori testimoni. “L’anno scorso abbiamo speso una cifra e siamo finiti in un posto che pareva una prigione!” lamenta un addetto ai CRAL, quelli che ai bei tempi ti riempivano la bassa stagione. A chi tocca rassicurarlo? Facile, allo stesso addetto booking OTA Viaggi che mi ha raccontato l’episodio e che era col sottoscritto all’educ work. Aveva la mascherina, ma sorrideva. Lo so.
21 maggio 2021 - Buon segno! Le aziende turistiche riprendono ad assumere, ma chi cercano?
Tuttavia, il profilo chi viene cercato adesso, che sia un manager o un impiegato, è molto diverso da quello pre-pandemia. Per quattro semplici motivi: 1. Lo voglio smart, smart e ancora smart: uffici con segretarie? Orario 9 to 5? Pausa caffè e intervallo pranzo? Il week-end sconnessi? Roba non vecchia, ma morta e sepolta. Se prendo qualcuno e lo pago anche, poco o tanto non importa, lo voglio flessibile, disponibile, elastico, che si fa tondo o quadrato secondo esigenze e necessità. Difficile ammetterlo (soprattutto per i disprezzati Boomers come il sottoscritto), ma questa è roba da Millennials e Gen Z, punto. 2. Deve saper fare tutto e di più: sei un sales e non capisci niente di prodotto? Sei un product e dai la colpa al sales che non vende i tuoi “magnifici pacchetti all inclusive”? Sei un imprenditore e quando assumi (miracolo!) uno giovane, ti dà fastidio che venga al colloquio in sneakers e con la barba da hipster? Sei vecchio e superato. Oggi un sales deve sapere di prodotto, un social media manager di programmazione, un addetto al booking la differenza tra lancio e comunicato stampa. Perché lavorare oggi significa essere trasversali, avere conoscenze diverse, addirittura de-specializzarsi. Se no fai la fine di quello che assunse a caro prezzo il massimo esperto di fax, e poi arrivò l’email. 3. Hotel, aeroporti, villaggi turistici? Tutta roba vecchia. La classica ripartizione verticale della filiera turistica, quella dove un albergo è un albergo e in aeroporto si va per volare è superata. Oggi vincono le esperienze e l’intrattenimento, e in aeroporto si fa shopping, in villaggio si fa un trattamento di bellezza e il termine “hotel” non vuol dire nulla. Prendiamo il caso degli ostelli, per dire: scrivevo quattro anni fa (!) “Credete che gli ostelli siano vecchi e scomodi? Sbagliato!” e oggi moltiplicate questa affermazione per quattro. Ostello Bello, Madama Hostel e Hostelzzz sono i posti più cool di Milano. E chi ci lavora dentro sa più di eventi e design, che di RevPar e HACCP. 4. Parla tante lingue, ha viaggiato per il mondo e magari non è neanche italiano. Quando venticinque anni fa mi occupavo di risorse umane, in Viaggi del Ventaglio, selezionavo CV che al 99,99% erano di italiani. Oggi, se cerco una figura coerente con quanto sopra descritto, valuto percorsi di carriera internazionali, dove le lingue parlate sono almeno due, oltre l’italiano (perché l’inglese, per chi fa il nostro mestiere, NON è una lingua straniera) e magari chi si candida è portoghese, argentino o cinese. Perché la globalizzazione, per chi non lo avesse ancora capito, non è solo dei prodotti, ma anche delle persone. Poi si candida uno che è nato a Muggiò, ha studiato a Milano e cerca lavoro solo in Lombardia, e mi vengono fuori esclamazioni colorite. In più lingue.
14 dicembre 2020 - Comunicare nel turismo in tempi di pandemia? Impossibile, difficile o... inutile
Ma comunicare in tempi di crisi è ancora più difficile, se non impossibile. Faccio solo qualche esempio. Le associazioni di categoria stanno coraggiosamente combattendo una battaglia impari, da dieci mesi a questa parte, ma oggi “i vari dirigenti delle associazioni sembrano ormai sfiniti: offesi, mortificati e arrabbiati” come osserva il TTG on line, che aggiunge “La bozza del Recovery Plan non lascia spazi di ottimismo al comparto turistico”. Anche Luca Patanè, presidente di Confturismo ed FTO, ci va giù duro: "Un lockdown lungo dieci mesi". Punto. Dal pessimismo cosmico all’ottimismo più sfrenato, perché chi diavolo avrebbe il coraggio di lanciare una nuova compagnia aerea, di questi tempi?! Eppure c’è, come Ego Airways dimostra, con tanto di accoppiata charter + linea. E chi diavolo avrebbe il coraggio di assumere personale, di questi tempi?! Eppure c’è pure questo, la seconda generazione del t.o. palermitano Aeroviaggi, capitanata da Marcello Mangia, che annuncia: “Abbiamo avviato un’importante campagna di recruiting del personale scommettendo sulla prossima stagione” oltre a prevedere una “stagione 2021 positiva”. A metà tra il pessimismo cosmico e l’ottimismo da Italia del boom anni ’60 (la rinascita dopo il conflitto bellico) si collocano Michele Serra e Danilo Curzi: il presidente di Quality Group parte male, ma si riprende subito: “(A primavera) metà dei tour operator potrebbero saltare, ma non pensiamoci. Il settore ha mostrato una capacità di resistenza superiore alle aspettative”. Il patron di Idee per Viaggiare, invece, dopo aver tranquillizzato il mercato (“Niente villaggi italiani nel futuro di Idee per Viaggiare, questo è certo”) conclude filosofico “Dove trovo ancora la voglia di ripartire? Non ho mai pensato di passare la mano. È la mia vita e non so fare altro”. Infine, c’è anche chi si barcamena (non a caso chi vende... barche, perché il tira e molla di MSC e Costa Crociere, “si parte, non si parte, si riparte”, è esemplare); chi si limita allo stretto indispensabile (“Soffriamo, ma teniamo duro” ad aprile, poi silenzio) e infine chi non dice una parola che sia una dal 21 febbraio scorso (paziente “zero” a Codogno). Chi ha ragione? Chi fa la cosa giusta? Semplicemente, non lo so. Ma se l’attivismo di Massimo Diana, direttore commerciale di OTA Viaggi, che "in questi mesi sta lottando come tutti" (per me un pochino più, degli altri...) produrrà un cliente in aggiunta, nei suoi villaggi estivi, allora avrà avuto ragione lui. P.S. quando tutto sarà finito, nel 2022/23, e capiterà di cercare il tour operator x o la compagnia aerea y, su Google, e i primi risultati che verranno fuori saranno "siamo offesi e arrabbiati" "siamo sotto del 90% rispetto allo scorso anno" "non sappiamo quanto di noi sopravviveranno", ecco, non sarà un bell'incentivo per chi deve prenotare un pacchetto o un volo (la memoria in rete non sparisce).
27 aprile 2021 - Perché Alitalia, anzi ITA Italia Trasporto Aereo, alla fine decollerà
1. ITA ripartirà nonostante le dimensioni tascabili: se l’anno scorso Lufthansa contava 265 velivoli in flotta, British Airways qualcuno in meno (254), cui seguiva Air France (214) ricordate quanti ne aveva Alitalia? Un centinaio, mentre ITA dovrebbe rilevarne tuttalpiù una cinquantina. Nel frattempo, le tre compagnie straniere avranno dismesso le macchine vecchie e ottenuto - a prezzi di saldo, o quasi, vista la situazione - aerei nuovi ed efficienti, che getteranno immediatamente sul mercato, quando si ricomincerà a volare sul serio (perché, ça va sans dire, che si ricominci è certo). 2. ITA ripartirà nonostante un modello di business ibrido: citiamo il prof. Mario Sebastiani, dell’Università di Roma Tor Vergata: “Per farne cosa, di 50-55 aerei? Per metterla in competizione sul mercato europeo con le compagnie low cost, senza averne i costi? O sul mercato intercontinentale con i full carrier, come sembra l’intendimento del Governo, senza disporre di una rete di alimentazione degli hub nazionali?” O di qua o di là, quindi, perché nel mezzo si sa già che finisce male. 3. ITA ripartirà nonostante la balla che una compagnia italiana sia necessaria per portare turisti in Italia: l’economista Andrea Giuricin lo ha ripetuto ad libitum, su tutti i canali possibili, che Alitalia trasporta una quota di passeggeri da e per l’Italia di poco superiore all’8%, e a fine 2020 in ulteriore discesa al 7,7%, equivalenti a meno di otto viaggiatori su 100, disposti a viaggiare AZ per andare o arrivare dall’estero. Per fortuna che qualcun altro (le low cost, per caso?) fa viaggiare il restante 92%. 4. ITA ripartirà nonostante debba rinunciare a preziosi slot: l’Antistrust UE chiede che ITA rinunci fino alla metà degli slot posseduti a Milano Linate a causa del dimezzamento della flotta, e che cessioni debbano essere fatte anche nell’hub di Roma Fiumicino. ITA ribatte che gli slot di Linate sono importanti per implementare al meglio il nuovo piano industriale, quindi non vorrebbe cederne più dell’8-10%. Qualcosina in più, magari, negli altri aeroporti nazionali. Tu dai una cosa a me, io do una cosa a te. Soldi in cambio di slot, diremmo. 5. ITA ripartirà nonostante la rinuncia al marchio e al logo: a Bruxelles non vogliono che ITA erediti la denominazione storica, né il logo, né il codice IATA (AZ), né la numerazione 055 dei biglietti, né che partecipi all’asta pubblica per l’acquisizione del logo. ITA risponde che - senza denominazione e marchio AZ - se ne andrebbero almeno 250 milioni di euro di ricavi e che non meno di 50 milioni costerebbe rifare da capo marchio/logo/livrea e imporlo sul mercato. Vedremo. Concludendo, perché ITA ripartirà nonostante TUTTO? Perché nessun Governo della Repubblica Italiana (e tantomeno questo) accetterebbe mai di essere ricordato come quello che ha affossato la storia lunga 75 anni della nostra gloriosa compagnia di bandiera. Tutto qui.
1 dicembre 2020 - Amazon, smart working e mascherine congiurano contro le agenzie di viaggi
“Nel 2019 meno del 40% degli italiani ha fatto shopping on line, rispetto al 79% della Germania e all’89% della Gran Bretagna (dati Eurostat); l’e-commerce in Italia valeva soltanto l’8% degli acquisti complessivi” recita un informato articolo del New York Times di fine ottobre 2020 “Tutto è cambiato con la pandemia. Secondo Ipsos il 75% degli italiani ha acquistato qualcosa on line, durante il primo lockdown; il Politecnico di Milano ha previsto una crescita dell’e-commerce pari al 26%, quest’anno sul precedente, e Netcomm ha stimato che due milioni di italiani (due milioni! - ndr) abbiano provato per la prima volta a comprare sul web, tra gennaio e maggio 2020”. Siamo a dicembre, questi numeri - complici secondo lockdown e Black Friday - cresceranno ancora. Secondo, lo smart working (che è sempre lavoro da casa, anche se tutti lo chiamano erroneamente così) ha rivoluzionato la vita di milioni di famiglie e - complice anche la didattica a distanza per studenti e universitari - ha fatto fare un triplo salto in avanti, a proposito di tecnologia: fibra e wi-fi, connessione e tutti i tipi di devices non sono più patrimonio dello smanettone di casa, ma abituale vocabolario di più generazioni. E anche qui non si tornerà indietro. Infine, nonostante i vaccini, pare che dovremo tenerci le mascherine per tutto il 2021. Mascherina significa distanziamento, distanziamento significa paranoia. Paranoia è quando guardi male chi sta fumando per strada con la mascherina abbassata, chi ti si avvicina troppo in fila al supermercato, chi ti starnutisce davanti, mentre sei in ascensore. Mascherina significa “stammi lontano!”, punto. Ecco perché Amazon, smart working e mascherine congiurano contro le agenzie di viaggi (e non ce n’era certo bisogno...): i primi due ci hanno abituato a una familiarità con la rete e con l’e-commerce che solo un anno fa non avevamo; le seconde faranno in modo che entrare in un'agenzia di viaggi (seppur sanificata, seppur equipaggiata con gel disinfettante e pannelli in plexiglas, seppur accolti da un agente con tutti i DPI in ordine) non sarà più naturale e scontato come prima. Peccato.
|